Qualche settimana fa ho provato a fare una breve panoramica su cosa fa lo Psicologo dello Sport e su che cosa succede in Europa, soprattutto a livello formativo e burocratico (nel caso in cui vi foste perso l'articolo ecco il link https://www.sergiocostapsicologosport.com/post/lo-psicologo-dello-sport-oggi ).
Oggi invece vorrei entrare più nel dettaglio sulla formazione e sugli ambiti lavorativi in cui può operare lo Psicologo dello Sport, seguendo sempre l'articolo della collega Laura Bortoli e di McCann (2005), così da sapere cosa cercare e a chi potervi affidare in piena sicurezza.
Dove eravamo rimasti ? Ah si ...
... nei paesi dove la figura specifica dello Psicologo dello Sport è riconosciuta e regolamentata, non l'Italia quindi, l’interdisciplinarietà che caratterizza la Psicologia dello sport ha portato all’individuazione di 3 ruoli professionali di intervento nel mondo sportivo, dove alcuni aspetti tecnico-motori e psicologici possono sovrapporsi (Cox, 2012):
lo Psicologo dello Sport Clinico, dove in questo caso viene ritenuta indispensabile ed esclusiva la formazione anche in psicoterapia, che gli permetta di lavorare su problematiche più profonde a volte dovute all'esperienza sportiva stressante. Per operare nel contesto motorio-sportivo gli psicologi-psicoterapeuti dovrebbero acquisire anche competenze specifiche che riguardano, ad esempio, le reazioni emozionali agli infortuni e alle difficoltà di recupero, i cambiamenti legati al termine della carriera agonistica, i disturbi dell’alimentazione, la dipendenza da esercizio fisico, l’uso e la dipendenza da sostanze (Ward, Sandstedt, Cox e Beck, 2005);
lo Psicologo dello Sport Educativo e Prestazionale, aggiungerei io, dove accanto a conoscenze psicologiche generali (ad es., su processi motivazionali, auto-efficacia, stati emozionali, leadership), dovrebbe possedere anche competenze relative alle Scienze motorie e sportive specifiche. In generale, l’obiettivo è quello di insegnare agli atleti o alla squadra le abilità mentali utili per l’incremento della prestazione, ed è certamente l’ambito più diffuso di intervento, in quanto lo Psicologo dello Sport può collaborare ad ampio raggio con tutte le figure dell’ambiente sportivo (atleti, tecnici, dirigenti e genitori) anche per rendere lo sport uno strumento di crescita personale in grado di migliorare la qualità della vita;
lo Psicologo dello Sport Ricercatore, che in genere è collegato all’ambito universitario e accademico, e ha come obiettivo quello di permettere che la Psicologia dello Sport possa essere riconosciuta come scienza specifica, creando e allargando sempre di più una base consistente e validata di conoscenze e modalità di intervento non improvvisate.
In base a questi 3 ruoli professionali, che molto spesso si sovrappongono, che competenze dovrebbe quindi avere ?
Per rispondere adeguatamente ad aspettative e richieste del mondo sportivo, secondo McCann (2005) lo Psicologo dello Sport dovrebbe:
conseguire una formazione professionale specifica ed acquisire esperienza in ambito sportivo, anche con forme di tirocinio o sotto supervisione di colleghi esperti;
operare esclusivamente su aspetti che riguardano l’esperienza sportiva, confrontandosi con atleti, allenatori e anche genitori, tranne che nei casi in cui una persona richieda chiaramente un intervento maggiormente a carattere psicoterapeutico;
avere la volontà di comprendere e studiare a fondo il contesto sportivo in cui si opera, essendo ogni sport diverso, con propria cultura, regole (scritte e non) ed aspettative differenti;
avere elevate competenze nella gestione della comunicazione, dialogando efficacemente con l’allenatore e tutto il suo staff, ma rispettando la privacy degli atleti.
Infine, qualunque sia il suo ambito di intervento, anche per lo Psicologo dello Sport gli aspetti di etica e di deontologia professionale sono essenziali, al fine di tutelare la salute fisica e mentale nonchè la privacy di coloro che richiedono consulenza o che vengono coinvolti in procedure di ricerca.
L'aspetto deontologico ed etico può sembrare una cosa da poco conto quando in realtà è un chiaro segno distintivo rispetto alle altre figure professionali. In accordo con Cox (2012), inoltre, un aspetto fondamentale dell’etica in Psicologia dello sport è anche avere chiaro il proprio ruolo professionale e operare dopo aver conseguito formazione specifica e supervisione nel proprio settore di intervento, senza improvvisare.
Ricordatevi, la tutela del cliente e del suo benessere viene prima di tutto.
Nel prossimo articolo cercherò di approfondire invece il contesto italiano, parlandovi delle diverse realtà universitarie e non.
Per chiunque fosse interessato ad approfondirne di più vi consiglio di leggere cosa faccio nella mia pagina personale https://www.sergiocostapsicologosport.com/cosa-fa-psicologo-sport-roma oppure di contattarmi alla mail costasergio@hotmail.it o al numero di telefono +39 3899715681.
Se invece ti interessano altri articoli sulla preparazione mentale potrai trovare nella mia sezione articoli su le convinzioni di efficacia personale, sull'allenamento percettivo-cognitivo, sul livello ottimale di prestazione, e molto altro.
Riferimenti bibliografici
Brewer, B.W. (2009). Introduction. In B.W. Brewer (Ed.), Handbook of sports medicine and science: Sport psychology (pp. 1-6). Oxford, UK: Wiley-Blackwell.
Cox, R.H. (2012). Sport psychology: Concepts and applications (7th ed.). New York, NJ: McGraw-Hill.
McCann, S.C. (2005). Roles: The sport psychologist. In S. Murphy (Ed.), The Sport Psychology Handbook (pp. 293-304). Champaign, IL: Human Kinetics.
Ward, D.G., Sandstedt, S.D., Cox, R.H., & Beck, N.C. (2005). Athlete-counseling competencies for U.S. psychologists working with athletes. The Sport Psychologist, 19, 318-334.
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