Il processo decisionale negli arbitri è molto delicato, soprattutto se teniamo in considerazione la categorizzazione dell'azione osservata, cioè quando deve valutarla come irregolare o meno, in quanto deve avvenire in tempi brevissimi dovendo inoltre decidere il tipo di sanzione da applicare. Tuttavia, dover decidere su una situazione di contatto nel calcio è chiaramente più complesso che decidere se una palla è dentro o fuori nel tennis, pertanto, dobbiamo dare uno sguardo più dettagliato all'arbitraggio e non dare per scontato che ogni decisione funzioni allo stesso modo per ogni ufficiale (MacMahon et al., 2015).
Si stima che un arbitro di calcio debba prendere in media da 200 a 250 decisioni per ogni partita
(Schweizer et al., 2010), di cui il 64% è frutto del confronto all’interno dei team arbitrale (Schnyder, Hossner, 2016; Helsen, Bultynck, 2004), che deve essere il più accurato e coerente possibile (Morillo et al., 2017). Secondo alcuni studi, il tasso di precisione nelle decisioni riguardanti i falli varia dal 50 al 93,1% (Samuel et al., 2020; Hossner et al., 2019), e ciò significa che, nel peggiore dei casi, la precisione di tali decisioni è del tutto paragonabile a quella che si otterrebbe con il caso (50%).
Per giudicare correttamente il livello di fallosità di un azione di gioco, l’arbitro deve senz’altro possedere una buona conoscenza del regolamento, ma deve anche essere posizionato in modo ottimale rispetto all’azione e deve tenere in considerazione anche una serie di fattori contestuali, tra cui il momento della partita e la parte del campo in cui si svolge l’azione. Nella seconda fase del processo, non meno importante della prima, l’arbitro deve decidere se il livello di fallosità rilevato nell’azione di gioco è tale da richiedere un suo intervento, e nel caso con che tipologia di sanzione applicare.
Tra i vari fattori che influenzano le scelte arbitrali vi può essere il cosiddetto “bias di compensazione”, cioè il cercare di compensare le decisioni durante la gara, così come nel confermare le decisioni precedenti (Plessner e Betsch, 2001), l’intensità della urla dei tifosi (Goumas, 2014), la reputazione o l’altezza dei giocatori (van Quaquebeke, Giessner, 2010), il momento della partita (Unkelbach, Memmert, 2008), il vantaggio della squadra di casa (Boyko et al., 2007; Sutter & Kocher, 2004), il favoritismo verso le squadre di successo (Erikstad & Johansen, 2020) o il colore delle uniformi (Greenlees et al., 2008).
Tuttavia, altri studi hanno indagato l'effetto che la distanza dal gioco ha sull'accuratezza dei giudizi arbitrali (de Oliveira et al., 2011; Mallo et al., 2012), riportando risultati inconcludenti. Altri lavori (Krustrup et al., 2002; Krustrup et al., 2009) non hanno trovato alcuna relazione tra la distanza complessiva coperta e la velocità con cui gli arbitri si muovevano durante una partita (camminata / jogging / sprint) e la qualità delle loro decisioni (Mascarenhas et al., 2009).
Questi errori di giudizio possono essere il risultato di fonti di errore sia interne (concorrenti e correlate all'arbitro) che esterne (situazionali) (Plessner & Raab, 1999) e dovrebbero essere ulteriormente esplorate per gli effetti di differenza individuale. Tra i problemi interni documentati ci sono quelli relativi alle diverse fasi cognitive dell'elaborazione delle informazioni (es. Effetti di ripetizione, prospettiva, giudizio euristico, influenza sociale), mentre i problemi esterni sono quelli relativi alla capacità degli arbitri di regolarne l'elaborazione (es. sovraccarico di informazioni), la selezione dei concorrenti e degli arbitri (ad esempio, "pregiudizio internazionale") e il sito della competizione (ad esempio, il vantaggio di casa).
La ricerca sta quindi contribuendo a questo processo di rinnovamento concentrandosi sia sulla comprensione dei complessi meccanismi di decision making che stanno alla base delle scelte dei giudici di gara (percezione, categorizzazione, memory processing e integrazione delle informazioni), sia raccogliendo dati che consentano una verifica sistematica dell’efficacia di alcune metodiche formative (Schweizer et al., 2011). Ad esempio, potrebbe essere utile effettuare un'analisi sistematica degli errori, seguita dalla pratica e dalla formazione di diversi scenari possibili utilizzando queste informazioni, ad esempio, attraverso l'uso di video formativi (Niebuhr et al., 1998 ), oppure esplorare e scoprire i segnali che funzionano meglio ciascun arbitro per prendere le decisioni, piuttosto che avere segnali prestabili e uniformi per tutti.
Se sei interessato ad altri articoli sugli arbitri puoi trovarli nella mia sezione dedicata, dove troverai anche i motivi per cui arbitrare, ma anche il ruolo dell'arbitro nello sport giovanile e l'importanza dell'autoefficacia nel ruolo arbitrale, e molto altro.
Comments