Nel contesto dello sport giovanile, un numero crescente di ricerche ha esaminato l'influenza delle pratiche e dei comportamenti genitoriali sulle esperienze, sui progressi e sullo sviluppo dei giovani atleti (vedi Dorsch et al., 2021 per una rassegna). Ad esempio, gli studi hanno esplorato l'impatto di diversi comportamenti sui risultati del bambino (per es., di supporto o pressante), dimostrando che i genitori che si concentrano sulla vittoria, puniscono il proprio figlio o forniscono un feedback critico possono aumentare l'ansia dei giovani atleti (Elliott & Drummond, 2017) e la paura del fallimento (Sagar & Lavallee, 2010), riducono le loro percezioni di competenza (Knight et al., 2016) e promuovono forme disadattive di perfezionismo (Sagar & Stoeber, 2009).
Al contrario, quando i genitori comunicano l'importanza di concentrarsi sullo sforzo, o su parametri di riferimento del bambino per la realizzazione e il miglioramento personale, è più probabile che facilitino nei loro figli alti livelli d’impegno (D'Arripe-Longueville et al., 2009), competenza percepita (Atkins et al., 2013), divertimento (Morris & Kavussanu, 2008), autostima (O'Rourke et al., 2014) e comportamento sportivo sano (Davies et al., 2016).
I risultati degli studi osservazionali durante le partite hanno suggerito che tra il 10% e il 35% dei commenti verbali che i genitori facevano a bordo campo erano negativi (ad esempio critici o correttivi), il 47%-66% erano positivi o di supporto (per es., lodi o incoraggiamento) e il resto è stato classificato come neutro (Bowker et al., 2009; Holt et al., 2008).
Oltre a osservare e codificare il comportamento dei genitori, i ricercatori hanno anche esaminato le ragioni alla base del perché i genitori si impegnano in tali comportamenti durante le competizioni (Dorsch et al., 2015; Holt et al., 2008). I risultati di questi studi suggeriscono che i commenti dei genitori e i comportamenti verbali durante la competizione sono stati influenzati dagli obiettivi che hanno per il loro bambino, dalla loro conoscenza ed esperienza sportiva percepita, dall'intensità emotiva della partita, dal livello della competizione, da aspetti collegati alle regole e al regolamento, e dalla natura dello sport (cioè, se sport individuale vs. di squadra) (Dorsch et al., 2015; Holt et al., 2008).
Un corpo di ricerca parallelo si è concentrato sul chiedere ai bambini cosa preferiscono che i loro genitori facciano e dicano prima, durante e dopo le loro competizioni (Knight et al., 2010; Knight et al., 2011; Omli & Wiese-Bjonstal, 2011). I risultati dei focus group e delle interviste con atleti junior, di sport individuali e di squadra, hanno rivelato una serie di comportamenti desiderabili e indesiderabili all'interno delle gare (Knight et al., 2010; Knight et al., 2011). Ad esempio, i tennisti junior hanno identificato 5 preferenze comportamentali (Knight et al., 2010):
non fornire consigli tecnici o tattici (a meno che i genitori non avessero conoscenze adeguate);
garantire commenti incentrati sullo sforzo e sull'atteggiamento dei giocatori piuttosto che sui risultati;
fornire consigli pratici per aiutare i giocatori a prepararsi e riprendersi dalle partite;
rispettare le regole del tennis non interagendo durante alle partite;
abbinare comportamenti non verbali con commenti di supporto e mantenerli coerenti durante la partita.
Inoltre, Tamminen e colleghi (2022) hanno esaminato più recentemente la qualità, la quantità e i tipi di comunicazione legata allo sport tra genitori e atleti che si verificano durante il viaggio in macchina prima e dopo gli eventi sportivi. Le registrazioni video delle interazioni tra gli adolescenti di diversi sport e i loro genitori, hanno evidenziato come la quantità di tempo trascorso a parlare di argomenti legati allo sport fosse minima (12,9%) rispetto alle conversazioni non legate allo sport (28,5%) o a periodi di silenzio (59,0%). Tuttavia, le lodi e le critiche dei genitori erano commenti generali o orientati al compito, con pochi casi di lodi o critiche orientate al risultato. Per di più, i genitori facevano domande chiuse/descrittive più frequentemente, mentre le domande aperte/riflessive venivano poste meno spesso.
Infine, Thrower e colleghi (2022) hanno mostrato che discutere di tennis in macchina prima di una competizione è principalmente una pratica interattiva avviata e guidata dai genitori con l’obiettivo di spostare il coinvolgimento dei bambini lontano dalla vittoria e dai confronti sociali portandoli verso i propri progressi, miglioramenti e sforzi personali. Nello specifico i genitori del tennis usavano affermazioni, istruzioni, consigli o domande di prova per iniziare a parlare del torneo. Tuttavia, in contrasto con la ricerca precedente sulle interazioni genitore-figlio durante i viaggi in auto post-gara (Tamminen et al., 2017; Tamminen et al., 2022), i bambini nel presente studio non hanno prodotto risposte esplicite e/o dirette nel bloccare le conversazioni con i genitori (ad es., rifiutando di rispondere alle domande o fingendo di dormire). Invece, hanno usato pratiche più sottili di resistenza senza essere ritenuti direttamente responsabili della loro mancanza di allineamento con la posizione del genitore o della partecipazione alla conversazione. In particolare, i bambini hanno impiegato lunghi silenzi, risposte minime (per esempio, 'mmm', 'okay' e/o 'sì'), o più in generale una mancanza di assorbimento (cioè, sequenze non proattive) per resistere ai tentativi dei genitori di dare consigli o istruirli su come esibirsi durante la prossima competizione di tennis.
Oltre a mostrare come i bambini tipicamente resistono ai consigli e alle istruzioni dei genitori, questo studio ha scoperto che quando i genitori sono più esperti e/o informati non fanno domande di prova o con risposta nota, ma bensì domande aperte, dando così autorità al bambino che diventa più propenso a rispondere e a continuare la conversazione (Thrower et al., 2022). Da un punto di vista concettuale e teorico, i diversi modi in cui i genitori evitano o creano resistenza nelle conversazioni con il proprio figlio durante il viaggio in auto pre-gara sono coerenti con il concetto di autonomia rispetto a quello di controllo degli stili genitoriali (Grolnick & Ryan, 1989; Grolnick, 2003).
Nel complesso possiamo concludere che tali informazioni sono preziose, poiché è attraverso questi comportamenti e il feedback che i genitori forniscono che i bambini valutano le proprie prestazioni, giudicano le proprie competenze e misurano se hanno soddisfatto le aspettative dei loro genitori (Harwood & Knight, 2012; Holt & Knight, 2014). Da una prospettiva applicata, i risultati dei recenti studi indicano anche che i programmi di educazione dei genitori nello sport (ad es. Thrower et al., 2017) devono andare oltre l'orientamento teorico generico (ad es. evitare di fornire consigli diretti) o le tradizionali attività di comunicazione (ad es. giochi di ruolo o simulazioni) ma devono fornire esempi reali di interazioni genitore-figlio.
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Sergio Costa
Psicologo dello Sport
PhD in Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche
Preparatore Mentale FIT
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